I riti di caccia dei popoli siberiani by Èveline Lot-Falck

I riti di caccia dei popoli siberiani by Èveline Lot-Falck

autore:Èveline Lot-Falck [Lot-Falck, Èveline]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Adelphi
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


SOGGIORNO NELLA FORESTA

Se la meta della spedizione è troppo lontana per poter essere raggiunta in giornata, i cacciatori si accampano nella foresta, attorno a un fuoco nel quale gettano le offerte, mantenendo il raccoglimento oppure, al contrario, esprimendo una gioia chiassosa e anticipata, per compiacere il signore della foresta. Gli incantesimi pronunciati dagli Jacuti davanti al fuoco dove versano il grasso sacrificale sono accompagnati da sonori «ah ah ah», ai quali si ritiene che faccia eco il gaio Bai Baianai.315 I cacciatori si accampano in padiglioni di caccia o si costruiscono dei ripari temporanei, come la capanna degli Sciòr, o quella degli Ulci, inaugurata con offerte al fuoco e agli spiriti-signori, in cui ciascuno aveva un compito ben preciso – la cura del fuoco, l’approvvigionamento d’acqua, la preparazione e cottura del cibo, ecc. – e il proprio posto intorno al fuoco sacro, che non doveva mai spegnersi; i posti d’onore erano riservati agli anziani, «l’anziano del lato destro» essendo subordinato all’«anziano del lato sinistro» del focolare,316 mentre l’equipaggio ulci si disponeva intorno al sagdumdy nello stesso ordine che sulla barca.317 Offerte e libagioni di tè, zuppa e alcol si ripetevano ogni giorno e si interrompevano solo in caso di insuccesso prolungato. Durante la notte, i cacciatori restano rigorosamente chiusi nei loro rifugi o, se dormono all’aperto, non si allontanano dalla protezione del fuoco da campo, non si avventurano lontano dai compagni. Di notte la taiga si risveglia, si riempie di scrocchi, di suoni e di voci misteriose. È l’ora in cui vagano libere le anime degli animali uccisi, e gli spiriti che si aggirano intorno agli uomini per spaventarli o tendergli una trappola. Avvolgono da ogni lato il cacciatore, che sente la loro presenza immediata, ode il rumore dei loro passi, i loro sospiri, i loro bisbigli, i loro canti. È anche il momento in cui è più facile entrare in comunicazione con loro, quando vengono ad ascoltare la musica, i canti, i racconti con cui li si vuole allietare. La loro soddisfazione si manifesterà il giorno seguente col dono di qualche animale, il loro scontento con la scomparsa della selvaggina, e il cacciatore cerca di trarre presagi dai suoni uditi durante la notte.

L’usanza di compiere operazioni magiche sulle tracce di un animale per esercitare un potere su di esso non sembra esistere in Siberia. I Camciadali considerano anzi un peccato camminare sulle orme dell’orso e i Ghiliachi calpestare quelle della tigre. «Nonno, non ho calcato le tue grandi impronte» dice lo Jacuto per disarmare l’orso.318 L’animale sembra essere altrettanto suscettibile circa le sue orme che riguardo il suo nome, il che spiegherebbe le astensioni del cacciatore. Forse non è stato sempre così, almeno a giudicare dal caso degli Ainu che in passato hanno sicuramente compiuto operazioni magiche sulle tracce degli animali. In una loro leggenda, vediamo un cacciatore scoccare una freccia sull’impronta di un daino.319 L’Ainu, inoltre, rovescia la neve dov’è impressa l’orma di una lepre, per imprigionarne l’anima: «Una lepre è venuta a farci una fattura, ma ... io ne ho sepolto l’anima sotto la neve».



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